LA PASSIONE PER I LIBRI


 
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Stoà Associazione CulturalePosted: 14/11/2008, 14:22
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Figlio di Gioacchino Guttuso e di Giuseppina d'Amico, Renato manifestò sin da giovanissimo la sua predisposizione alla pittura.
nacque nel 1912 nella cittadina siciliana di Bagheria. Il padre, il cavaliere Gioacchino Guttuso, era agrimensore e di lui, nella collezione donata al Comune di Bagheria, esistono vari ritratti: il primo, addirittura risalente al 1925, dimostra il genio precoce dell'artista; altri con riga e squadra ne sottolineano la professione e l'ammirazione per l'uomo tutto d'un pezzo appassionato nelle lettere e nelle arti, con il culto della libertà trasmessagli dal padre Ciro che aveva combattuto con Garibaldi. L'adolescenza borghese è fitta di stimoli per il futuro pittore.
Influenzato dall'hobby del padre per la pittura e dalla frequentazione dello studio del pittore Domenico Quattrociocchi , nonché della bottega del pittore di carri Emilio Murdolo, il giovane Renato iniziò tredicenne a datare e firmare i propri quadri. Si tratta per lo più di copie di opere note (paesaggisti siciliani dell'Ottocento ma anche pittori francesi come Millet o artisti contemporanei come Carrà), ma non mancano ritratti originali. Durante l'adolescenza iniziò anche a frequentare lo studio del pittore futurista Pippo Rizzo e gli ambienti artistici palermitani. Nel 1928, appena diciassettenne partecipò alla sua prima mostra collettiva a Palermo.
La famiglia Guttuso abitava in una casa vicino alle prestigiose ville Valguarnera e Palagonia, di cui ritrarrà particolari in quadri successivi, e s'ispira agli scogli dell'Aspra (zona tra Palermo e Bagheria) dove, tra le gite al mare e i primi amori vive tutta la crisi siciliana del dopoguerra, in cui comincia a delinearsi lo scempio architettonico e sociale che distinguerà il periodo successivo.
A Palermo e nella stessa Bagheria, Guttuso vede in completa decadenza la nobiltà delle splendide ville settecentesche, con le loro famose sculture mostruose e l'avanzare di una speculazione urbanistica e di lotte di potere all'interno del Comune che ne scuotono il temperamento, mentre la famiglia viene segnata da ristrettezze economiche a causa dell'ostilità di clericali e fascisti nei confronti del padre di Renato a causa delle idee liberali professate.
Il giovane Renato allora, sentendo sempre più forte l'inclinazione alla pittura, si trasferì a Palermo per gli studi liceali e successivamente per quelli Universitari, mentre la sua formazione si modella sulle correnti figurative europee, da Courbet a Van Gogh a Picasso, cosa che lo porta dapprima a Milano e poi in viaggio per l'Europa. Nel suo espressionismo personale, si fanno via via sempre più forte i motivi figurativi siciliani come i rigogliosi limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, tra mito e solitudine isolana; opere che, inviate nel '31 alla I Quadriennale di Roma, confluirono in una collettiva di sei pittori siciliani accolti dalla critica con grande attenzione.
Tornato a Palermo apre uno studio in Corso Pisani e con la pittrice Lia Pasqualino e gli scultori Barbera e Nino Franchina forma il Gruppo dei Quattro.
Rifiutato ogni canone accademico, con le figure libere nello spazio o la ricerca del puro senso del colore, Guttuso s'inserisce nel movimento artistico “Corrente”, che con atteggiamenti “scapigliati “ s'oppone alla cultura ufficiale, e denota una forte opposizione antifascista nelle scelte tematiche compiute negli anni della guerra di Spagna.
L'Arte Sociale di Guttuso
Nel corsi di un soggiorno di tre anni a Milano, nel corso dei quali non manca però di tornare in estate a Bagheria, matura l'arte “sociale” di Guttuso, con un impegno morale e politico via via più scoperto che si rivelava in quadri come “Fucilazione in Campagna”, dedicato a Garcia Lorca, e “Fuga dall'Etna. Si trasferisce intanto a Roma, con studio in Via Margutta dove, per l'esuberanza di vita, l'amico Mazzacurati lo soprannomina scherzosamente “Sfrenato Guttuso”.
Qui frequenta la cerchia di artisti più significativi del tempo: Mario Mafai, Corrado Cagli, Antonello Trombadori, tenendosi anche in contatto col gruppo milanese di Treccani, Giacomo Manzù, Aligi Sassu. Il dipinto che gli dà la fama, fra mille polemiche da parte anche del clero e del fascio perché sotto il soggetto sacro denunzia gli orrori della guerra, è La Crocifissione.
L'artista non cesserà mai di lavorare in anni pur difficili come quelli della guerra, ed alterna, specie nelle nature morte, gli oggetti delle case umili della sua terra, a squarci di paesaggio del Golfo di Palermo a una collezione di disegni intitolata “Massacri”, che circolarono clandestinamente poiché ritraggono le repressioni naziste, come quello dedicato alle Fosse Ardeatine.
In questi periodo conosce e sposa quella che sarà la sua fedele compagna e confidente Mimise .
Già all'indomani della Liberazione un anelito di speranza torna ad alitare nella pittura del maestro come nel quadro “Muratori in riposo”, china e acquerello del 1945.
Seguono “Carrettieri che cantano”, “Contadino che zappa” (1947), “Contadini di Sicilia” (dieci disegni pubblicati a Roma nel '51) in cui il linguaggio pittorico diventa chiaro ed essenziale e di cui lo stesso Guttuso ebbe a scrivere che erano preparatori del quadro “Occupazione delle terre incolte di Sicilia”, esposto alla Biennale d'Arte a Venezia nel 1950, e dall’autore sentito come omaggio alla propria terra ed alla propria formazione emotiva e sociale. Sempre nel 1949-1950, Renato Guttuso aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi (attualmente conservata presso la Pinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera "Bracciante siciliano".
Alterna sistematicamente la visione luminosa e piena di colore di opere come “Bagheria sul golfo di Palermo” alla passione sociale di “Battaglia al ponte dell'Ammiraglio” in cui ritrae il nonno Ciro Guttuso, arruolatosi come garibaldino, e di una serie di dipinti dal vero le lotte contadine per l'occupazione delle terre, gli zolfatari, a squarci di paesaggio fra cactus e ficodindia, e ritratti di amici e uomini di cultura, pittori come Nino Garajo e Bruno Caruso.
Dal '59 al '61, l'artista concepisce una serie di disegni colorati che poi verranno pubblicati in volume nel '70, con il titolo “Il Dante di Guttuso”, in cui i personaggi dell'Inferno vengono rivisitati come esemplari della storia del genere umano. Negli anni '70 , l’opera di Guttuso si dedica alla realizzazione di una autobiografia pittorica; quadri d'eccezionale valore per la conoscenza del Guttuso uomo-artista.
La figura femminile diventa dominante nella pittura come lo fu nella vita privata e fra i dipinti più grandi per mistura ricordiamo “Donne stanze paesaggi oggetti” del '67, oggi esposto alla galleria comunale di Bagheria, a Villa Cattolica, com'è importante la serie di dipinti in cui ritrae Marta Marzotto, musa ispiratrice e modella prediletta per lunghi anni.
Nel 1972 dipinge I funerali di Togliatti, che diverrà opera-manifesto della pittura antifascista.
La Vucciria di Palermo
Il suo quadro più famoso “palermitano” è la “Vucciria”, nel quale, con realismo crudo e sanguigno, esprime una delle tante anime della città siciliana, ed è talmente forte il segno dell'artista e il senso del colore che sembra sprigionare il vocio e la cantilena quasi araba dei ‘vanniaturi (venditori che gridano per attirare i clienti al loro banco), ed emanare i profumi dei prodotti tipici, frutta e verdura, esposti sulle bancarelle, ingredienti saporosi per la cucina siciliana.
Guttuso si spense malinconicamente in isolamento, dopo la morte della moglie, donando alla città natale molte opere che sono raccolte nel museo a lui dedicato a Villa Cattolica.


Fonte: http://edizioniedessae.forumcommunity.net/